.Tassa sulla tv, Italia ed Europa un confronto a tutto campo
La detenzione di apparati atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive è disciplinata da un regio decreto che risale al 1938
Il pagamento di una tassa per la detenzione di apparati atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive, indipendentemente dalla qualità o dalla quantità del relativo utilizzo, è statuito dall'articolo 1 del regio decreto n. 246 del 21 febbraio 1938 e confermato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 535 del 12 maggio 1998 e della cassazione (n. 8549 del 3 maggio 1993). La ragione per cui l'Italia (al pari di molti altri Paesi europei) ha adottato il sistema dell'esperienza televisiva intesa come servizio pubblico culturale e pedagogico (e, quindi soggetto a tassazione) deve rinvenirsi nel momento storico post bellico in cui la Tv di Stato diventa il simbolo della rinascita e dell'unificazione sociale.
Il ministero dell'Economia e delle Finanze, per il tramite del dipartimento del Tesoro, partecipa per la quota del 99,56 per cento sulla RAI Radio Televisione Italiana Spa (mentre il restante 0,44 per cento è di proprietà della Siae).
La natura giuridica del canone RaiI giudici di legittimità, con riferimento alla natura giuridica del "balzello" televisivo, hanno avuto modo di fornire chiarimenti al riguardo in diverse occasioni. La sua istituzione deve rinvenirsi non tanto nell'esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che lega il contribuente, da un lato, e l'Ente Rai, che gestisce il servizio pubblico, dall'altro, ma nel fatto che si tratta di una prestazione tributaria, fondata sulla legge, non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio (cfr. Corte di cassazione, Sezioni Unite 20 novembre 2007, n. 24010. La sua riscossione è affidata allo Sportello abbonamenti TV, gestito in concessione dalla RAI per conto del ministero Economia e Finanze. In particolare, i titolari di abbonamento alla radio o alla televisione devono provvedere al versamento del canone annuale (pari a 107,50 euro) in unica soluzione entro il 31 gennaio ovvero in due rate da 54,86 euro (31 gennaio e 31 luglio) o in 4 rate trimestrali da 28,56 euro (31 gennaio, 30 aprile, 31 luglio, 31 ottobre). Il pagamento può essere effettuato con diverse modalità (Poste Italiane Spa., tabaccherie, telefonicamente o sul web con carte di credito, internet con addebito bancario, bancomat presso gli sportelli automatici). Sul sito internet della Rai, inoltre, è specificata la procedura da seguire in caso di rinnovo, disdetta o pagamento in ritardo dell'abbonamento.
Il finanziamento e la deduzione fiscaleIn linea generale, il finanziamento della Rai avviene per il 47 per cento mediante gli introiti del canone e per il 40 per cento da proventi pubblicitari e per il restante 13 da altre attività, quali la cessione di diritti per la diffusione di programmi sportivi o film. Sotto il profilo fiscale, occorre distinguere le due differenti tipologie di abbonamento. Quello "ordinario", dedicato esclusivamente a un uso privato/familiare e quello "speciale". Quest'ultimo, infatti, riguardante la detenzione di uno o più apparecchi radiofonici o televisivi fuori dall'ambito familiare nell'esercizio di un'attività commerciale e a scopo di lucro diretto o indiretto, come nel caso degli alberghi, bar, ristoranti, uffici e via dicendo, risulta fiscalmente deducibile dal reddito d'impresa. Sul sito internet dell'emittente vengono specificati, inoltre, i costi per ogni tipologia di cliente e di prodotto e i relativi sconti o esenzioni fiscali.
Canoni europei a confronto per l'anno 2010La tassa pagata in Italia risulta essere, in confronto tra i Paesi dell'Europa occidentale, il più basso. Nella tabella sottostante è riportato, a supporto, uno schema che indica l'importo annuale del canone radiotelevisivo in alcuni Paesi europei per l'anno 2010.
Confronto sulla tassazione in Europa per il 2010
P.S.: All´ora cosa dobbiamo dire noi in Germania che paghiamo il doppio del`Italia la tassa sul Televisore?